Il dipinto corrisponde a uno scomparto del soffitto della Sala dell’Udienza del Consiglio dei Dieci. Il soffitto nel suo complesso conta 25 tele, tutte opere coeve di tre differenti artisti articolate secondo un programma iconografico organico concepito, secondo il Sansovino, dall’umanista Daniele Barbaro e assemblate in una fastosa cornice lignea dorata. Il soggetto della decorazione va letto in relazione alla magistratura che prendeva funzioni in questa sala, il Consiglio dei Dieci, tribunale che giudicava in materia di sicurezza dello Stato. Così Giunone, elargendo doni su Venezia, la elegge a città eterna e invincibile, custode del potere, della virtù e della ricchezza. Veronese interpreta il messaggio mettendo in scena un indimenticabile dialogo tra due donne e regine. Giunone si sporge dal trono di nubi per versare in abbondanza doni su Venezia, che a sua volta accoglie la preferenza divina volgendo le braccia e lo sguardo al cielo. Non sfugge il significato simbolico dei doni: monete e pietre preziose alludono alla prosperità economica, il corno dogale alla struttura dello stato sovrano e indipendente, mentre corona, globo e scettro si riferiscono al dominio sulle terre e sui mari. La realizzazione del dipinto si può collocare entro i due termini del 1553 - dall’insegna del doge Donà scolpita nel fregio - e del 1555, allorché si proponeva di spostare il soffitto, dunque già compiuto, in un’altra sala.
Autore
Paolo Caliari, detto il Veronese (Verona, 1528 - Venezia, 1588)