Il termine di origine greca inghistera (probabilmente da ággos = vaso e gastér = ventre), con le sue possibili variazioni, indica una bottiglia da vino o da acqua, da tavola o da credenza, caratterizzata da lungo collo, ventre globulare e in alcuni casi piede ad anello. Questo prodotto vetrario compare nei documenti veneziani già a partire dal XII secolo e continuerà ad essere prodotto per secoli a Murano, tanto che ancora nel 1667 una delle prove che gli apprendisti dovevano sostenere per poter diventare maestri vetrai era proprio quella di eseguire un’inghistera all’antica. Questa inghistera in vetro giallastro con lievi nervature verticali ottenute per soffiatura in stampo aperto è stata rinvenuta in stato frammentario durante gli scavi condotti nel campo antistante la chiesa di Malamocco, frazione nella parte meridionale del Lido di Venezia, dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Venezia nel 1990-1993. I reperti ceramici rinvenuti nello scavo hanno permesso di datarla tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo. Gli stessi scavi hanno portato alla luce anche due bicchieri troncoconici in vetro giallino, anch’essi conservati al Museo del Vetro. I vetri da tavola rappresentarono un settore produttivo di rilievo nella vetraria medievale, come testimonia la loro presenza in numerosi mosaici, affreschi e dipinti. La bottiglia dal corpo panciuto e dal collo lungo, in particolare, era diffusa in tutta la penisola italica ma era con ogni probabilità un prodotto specifico delle vetrerie toscane e veneziane.