La grande tela da soffitto mostra Flora, l’antica divinità della primavera, abbracciata a Zefiro, il caldo vento di ponente che fa rinascere la natura dopo i rigori dell’inverno. In origine faceva parte della decorazione ben più ampia, in tela e ad affresco, del primo piano di Ca’ Pesaro, eseguita nel 1732 in occasione del matrimonio fra Antonio Pesaro e Caterina Sagredo.
Gli sposi appartenevano a due fra le più importanti e ricche famiglie della città che, nel secolo precedente, avevano dato, ciascuna, un doge alla Serenissima. Il matrimonio fu sfortunatissimo: Antonio infatti morì di lì a poco, lasciando la consorte vedova e senza figli.
L’esecuzione dell’opera viene a cadere in un momento particolare della carriera di Tiepolo, quando muta sostanzialmente il proprio modo di dipingere. L’intonazione notturna e il violento contrasto di luce dei dipinti giovanili sono sostituiti da colori caldi e ombre colorate. Una tersa luminosità conferisce alle figure uno spessore di verità: nonostante l’anatomia idealizzata, esse si presentano in tutta la loro terrena bellezza.
Secondo un espediente che egli è caro, Tiepolo contrappone alla candida nudità del personaggio femminile la pelle scurita dal sole del protagonista maschile, cui assegna ali trasparenti di libellula, che sembrano frinire davanti a noi.