Giambattista Tiepolo, il pittore conteso da principi, sovrani e prelati di tutta Europa, dalla Russia alla Spagna, l’artista chiamato dai patrizi veneziani ad affrescarne le ville e i palazzi, non ha mai lavorato per il proprio Stato, con un’unica eccezione: la commissione di questo dipinto, realizzato per il soffitto della Sala delle Quattro Porte a Palazzo Ducale. L’artista viene incaricato di sostituire un’opera rovinata di Tintoretto, probabilmente danneggiata da una infiltrazione. Non sappiamo se questo abbia condizionato il soggetto, cioè se Tiepolo sia chiamato a riprendere il tema che era raffigurato in precedenza al suo posto, bensì conosciamo all’incirca la data di esecuzione, perché nel 1758 Giandomenico Tiepolo invia la stampa di traduzione del dipinto all’amico e collezionista Pierre-Jean Mariette a Parigi, riferendo che riproduce un’opera compiuta poco prima. Venezia regina dei mari omaggiata da Nettuno è un soggetto encomiastico nei confronti della Repubblica, ed è straordinario come Tiepolo risolva in un modo molto semplice e allo stesso tempo coinvolgente il dipinto, mettendo in scena l’incontro tra le due figure protagoniste. Nettuno rovescia la cornucopia carica di doni ai piedi di Venezia, regina incontrastata dei mari. La cornucopia trabocca di coralli e perle, che fanno riferimento al suo dominio, ma anche monete d’oro e gioielli, allusione alla ricchezza che proviene dai commerci. Venezia non è raffigurata come un’algida divinità su un trono, ma come una matrona bellissima languidamente appoggiata sul simbolo del suo potere, cioè il leone marciano, qui visto come una docile fiera addomesticata. Questa immagine sintetizza alla perfezione il mito di Venezia perpetuato dalla sua classe dirigente, incurante dell’oggettiva debolezza politica dello Stato, che verrà resa esplicita pochi decenni dopo questo dipinto con la caduta della Serenissima nel 1797.