Il dipinto, assieme al suo pendant, raffigurante il Canal Grande da Palazzo Balbi verso Rialto, è uno dei capolavori giovanili di Canaletto. Entrambe le tele, acquistate dal Comune di Venezia nel 1983 presso gli eredi del senatore Mario Crespi, facevano parte, in origine, di una serie di quattro vedute di proprietà dei Principi di Liechtenstein (le altre due sono oggi al museo Thyssen-Bornemisza di Madrid).
Fin da queste prime opere Canaletto esalta Venezia intesa come ‘città d’acqua’, dilatando le forme e gli spazi attraverso espedienti prospettici che aveva appreso nella sua formazione da scenografo. Al consueto repertorio vedutistico, incentrato attorno alla Piazza San Marco, l’artista aggiunge riprese inedite, dedicate agli angoli meno noti di Venezia. È il caso del Rio dei Mendicanti, dove il pittore focalizza la sua attenzione su una zona popolare, descritta in tutta la sua umile bellezza.
Canaletto sedimenta nella composizione un inedito spessore di verità, ottenuto attraverso uno straordinario uso della luce che irrompe nella scena illuminando e rendendolo distintamente percepibile anche il più piccolo elemento. Questo effetto è raggiunto esibendo, quasi con sfacciataggine, i segni dell’operazione pittorica: pennellate corpose e sfrangiate che offrono allo spettatore un’immagine concreta della città.