Questa celebre scultura, la sua prima grande in marmo, è il capolavoro della giovinezza veneziana di Antonio Canova. Fu realizzata per il procuratore Pietro Vettor Pisani e destinata al suo Palazzo Pisani Moretta sul Canal Grande. In essa il ventenne Canova attuò, con straordinaria genialità d’invenzione, un suggestivo contrapposto tra il canone classico (Icaro) e un particolare naturalismo pittorico settecentesco tutto veneziano, specie ispirato alle ‘teste’ di Giambattista Piazzetta (Dedalo). La sapientissima composizione lega reciprocamente le due figure attorno ad un 'vuoto' centrale, chiuso circolarmente dal filo teso tra l'ala e la mano di Dedalo. In una emozionata comunicazione sentimentale e drammatica il padre Dedalo, col dubbioso volto contratto, sta assicurando le ali, formate da penne tenute insieme con la cera, alle braccia del figlio giovinetto Icaro, che lo asseconda con tranquilla fiducia, pregustando la gioia del volo che lo farà fuggire dal labirinto e dalle minacce del Minotauro. Il trattamento della superficie marmorea è pittoricamente vibrante, ancora lontano dalla levigata purezza poi tipica dello stile canoviano. Eloquente marchio dello scultore, postosi in ideale continuità con l'artefice Dedalo, sono il mazzuolo e lo scalpello posati ai piedi del vecchio architetto. La scultura, presentata alla ‘Fiera della Sensa’ (Ascensione) del 1777 con grande successo popolare, fruttò al giovane Canova i 100 zecchini d’oro coi quali intraprendere l’atteso viaggio verso Roma e la consacrazione artistica; infatti là il decisivo impatto diretto con l’Antico e il sostegno di varie personalità ne determinarono la decisiva svolta classica e la veloce ascesa alla fama internazionale.