La Fondazione Musei Civici di Venezia e la Vervoordt Foundation presentano TRA. EDGE OF BECOMING – un insieme di più di 300 opere d’arte presso Palazzo Fortuny che esplora le connessione trasversali tra luoghi, storia, patrimonio creativo e saggezza universale.
Sulla scia della trilogia ARTEMPO (2007), ACADEMIA (2008) ed IN-FINITUM (2009) acclamate a livello internazionale, TRA. EDGE OF BECOMING (2011) riunisce la ricca eredità di Mariano Fortuny, l’ispirazione wabi di Axel Vervoordt, le riflessioni del pensatore ed economista Bernard Lietaer, dello scienziato Eddi de Wolf e dell’architetto Tatsuro “Taro” Miki, ed ha come scopo la creazione di un’esperienza estetica, intellettuale ed illuminante che incoraggerà il visitatore a leggere il mondo attraverso l’arte.
Il team di curatori di TRA. EDGE OF BECOMING è composto da Daniela Ferretti, direttore di Palazzo Fortuny; Rosa Martinez, curatrice professionista e consulente artistica; Francesco Poli, filosofo e professore di storia dell’arte; ed Axel Vervoordt, presidente della Vervoordt Foundation.
La mostra trasformerà i quattro piani di Palazzo Fortuny in un complesso percorso espositivo dove il dialogo e l’interazione tra le opere, il visitatore ed il medesimo spazio è di fondamentale importanza. Alcuni degli artisti più importanti al mondo avranno il loro posto all’interno dell’esposizione, compresi Auguste Rodin, Marina Abramovic, Lucio Fontana, Miquel Barcelò, Anish Kapoor, Fernand Léger e Antonì Tàpies. Molti degli artisti hanno realizzato le loro opere appositamente per questa mostra, come per esempio Massimo Bartolini, Maurizio Donzelli, Fernando Garbellotto, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Francesco Candeloro, Dominique Stroobant, Hiroshi Sugimoto, Kimsooja, Gunther Uecker, Giorgio Vigna e Carl Michael von Hausswolff. In più, per celebrare questa eccezionale esposizione, i visitatori avranno l’opportunità unica di vedere alcune parte del Palazzo originale prima chiuse al pubblico, compreso l’Atelier di Mariano Fortuny al primo piano, tre nuove sale laterali al secondo piano e sette finestre tardo-gotiche rimaste chiuse dal lontano XVIII secolo.
Il titolo della mostra
TRA è stato scelto per i suoi tanti significati. In primo luogo, può essere letto al contrario per formare la parola “art”. Se considerato preposizione, il suo significato è proprio “nel mezzo” ed “ all’interno”, ed evoca allo stesso modo un’azione che va “oltre” o “in avanti”. TRA è un suffisso di uso comune anche in molte parole del Sanscrito come “mantra”, “tantra”, “yantra”. Mantra è la traduzione letterale della frase “veicolo o strumento del pensiero” ovvero l’uomo pensante, e tra, ovvero strumento o mezzo. “Tantra” è l’antico sistema di conoscenza che collega l’energia sessuale e cosmica. “Yantras” sono i segni ed i disegni che fungono da canali conduttori della guarigione energetica. TRA mette in relazione l’idea di purificazione attraverso una trasformazione rituale e creativa. Costituisce anche lo spazio tra due dimensioni ed evidenzia il momento di passaggio verso nuove esperienze. In questo senso, TRA si collega anche alla nozione giapponese di “ma” che indica il vuoto, uno spazio positivo tra due oggetti. Il sottotitolo della mostra, EDGE OF BECOMING (“Soglie del divenire”), si riferisce al vuoto che conduce ai possibili poteri dell’energia. TRA. THE EDGE OF BECOMING ricerca l’equilibrio guaritore e l’interazione creativa che racchiude ogni inizio.
Musica
Il musicista, compositore e professore belga Mireille Cappelle ha creato appositamente per TRA un’architettura sonora, ispirata dalle idee e concetti che stanno dietro l’esposizione. Collaboratore di lunga data della Fondazione Vervoordt e del Palazzo Fortuny, Cappelle ha anche creato Anello per Artempo, Naga per Academia e Sunyata per In-finitum. Riferendosi a TRA. EDGE OF BECOMING Cappelle commenta: “Le architetture sonore sono destinate ad esistere in spazi che vibrano all’unisono. Rappresentano una riflessione uditiva per tutto ciò che è presente. Ogni visitatore che entrerà in questo spazio diventerà parte di questa architettura con la sua respirazione, le sue parole, i suoi passi…”.
Catalogo
TRA. EDGE OF BECOMING sarà accompagnata da un catalogo riccamente illustrato pubblicato in inglese, italiano e francese dallo Studio Luc Derycke and MER Paper Kunsthalle, Ghent ed in collaborazione con Skira per la distribuzione italiana. Il catalogo, edito da Axel Vervoordt, conterrà alcuni saggi di Francesco Poli, professore presso l’Università di Torino e Milano, critico d’arte e specialista dell’Arte Povera, di Eddi De Wolf, professore di fisica presso l’Università di Anversa e ricercatore al CERN di Genova; di Tatsuro “Taro” Miki, architetto giapponese di Bruxelles e co-autore del libro “Axel Vervoordt. Ispirazioni Wabi”; di Rosa Martinez, curatrice professionista, critica d’arte e consulente artistica internazionale e di Axel Vervoordt, presidente della Fondazione Vervoordt. La versione inglese sarà disponibile prima dell’apertura della mostra. Un’altra versione, disponibile anche in italiano, sarà edita alla fine di giugno ed includerà immagini dell’esposizione in loco. La prima versione del catalogo sarà disponibile presso il bookshop SKIRA di Palazzo Fortuny; la seconda versione sarà disponibile presso lo stesso bookshop ed anche grazie alla distribuzione di SKIRA e di Exhibition International.
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IL PERCORSO DELLA MOSTRA
In TRA: EDGE OF BECOMING il potente dialogo tra più di 300 opere e lo storico Palazzo Fortuny accompagnerà il visitatore in un viaggio attraverso un’esperienza completamente nuova.
Piano terra. L’esposizione inizia con l’Objet Invisible (1934) di Alberto Giacometti, una figura bronzea che sembra reggere in mano un oggetto. Il vuoto che viene a crearsi tra le sue mani simboleggia la nozione giapponese di “MA” – il vuoto, che tuttavia è uno spazio positivo tra due oggetti. Questa energia invisibile si trova anche nel lavoro di Michaël Borremans Red Hand, Green Hand (2010). Quest’opera si pone in relazione con il sottotitolo dell’esposizione, EDGE OF BECOMING – il vuoto porta ai poteri dell’energia.
Il visitatore viene poi indirizzato verso un’enorme porta, Darrera Dimensiò (2001) di Antoni Tàpies. Maestro nella trasformazione degli elementi più semplici in qualcosa di mistico e sacro attraverso il gesto artistico, Tàpies è anche un grande collezionista e molti pezzi dell’esposizione provengono proprio dalla sua collezione privata.
Sulla parete opposta si trovano le grosse pietre di Giovanni Anselmo, Grigi che si alleggeriscono verso oltremare (1986); appaiono senza peso, come sospese nell’aria. L’intensa pittura di colore blu oltremare sotto le pietre suggerisce la presenza di una porta o di un’apertura attraverso la quale continuare ad esplorare l’energia invisibile della gravità. Guidato da uno spirito di illuminazione, il visitatore viene portato verso tre opere storiche, Work III-70 (1965) di saburo Murakami, Ciclo ’61-SI (1961) di Emilio Vedova e Untitled (1959), uno degli ultimi due dipinti dell’artista Gutai Kazuo Shiraga realizzato prima del 1960. I tre artisti d’avanguardia furono grandi innovatori del loro tempo. Le loro opere fanno scoprire un meraviglioso dialogo con le tre statue Mon Dvaravati (VI – VIII secolo) le quali rappresentano un promemoria dell’illuminazione che i monaci cercarono attraverso il loro stile di vita e non attraverso la religione od un dogma. Incamminatisi per un pellegrinaggio, essi lasciarono le loro case in India e nello Sri Lanka per viaggiare dirigendosi verso est – verso l’illuminazione. Fecero esperienza della loro personale “Soglia del divenire” attraverso un viaggio verso la libertà e la ricerca della pace. I monaci dovettero tagliare i ponti con il loro passato per creare un nuovo futuro; questo è il concetto centrale di TRA. Nell’opera “Matrice” (2011), riconosciamo una scultura realizzata con granito nero e creata appositamente per l’esposizione da Dominique Stroobant; l’opera simboleggia la via verso la purificazione.
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Il cortile ed il giardino. Completata questa parte del pellegrinaggio, il visitatore continua la sua scoperta camminando tra le cinque colonne di Ettore Spalletti fino ad entrare nel cortile con opere di Bien-U Bae, Raffaela Mariniello e Susan Kleinberg. Nel piccolo giardino, Marina Abramovic presenta una nuova versione dell’opera già esistente Inner Sky for Departure (1991). Fatta di ametista naturale, conosciuta per le sue proprietà spirituali e curative, la pietra si è crepata nel tempo. Per TRA, l’artista ha alterato il proprio lavoro con un visibile restauro e chiamandolo Heales Inner Sky. Da sotto la scultura, il cammino verso il cielo diventa una visione che non viene vista con gli occhi, ma viene vissuta attraverso la pietra. Come se passasse sotto un arco o attraverso una porta molto speciale, il visitatore percepisce subito questa trasformazione.
Nella stanza successiva si trova un video, Passage (2001) di Shirin Neshat in cui viene ripreso un gruppo di uomini che portano un corpo avvolto in un telo bianco su una spiaggia. In lontananza un gruppo di donne velate con dei chador neri scavano una tomba con le mani, mentre un bambino sistema alcune pietre in circolo. Ispirato dal conflitto israeliano-palestinese, in particolar modo dalle immagini trasmesse di corpi issati in aria durante la processione funebre, Passage mostra le trasformazioni dell’anima, come una catarsi della mente.
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La stanza piccola ed il Mezzanino. Per continuare il percorso di TRA, il visitatore deve ritornare all’ingresso ed entrare in una piccola stanza che conduce alle scale che portano al piano nobile. In questa stanza una scultura di cemento, Monuments aux morts (2011) di Renato Nicolodi, mette a confronto due fotografie di Cristina Garcia-Rodero; immagini dei rituali tradizionali spagnoli in cui le persone passano sotto una pietra enorme nel tentativo di liberarsi attraverso la purificazione. Questo semplice rituale offre un passaggio verso un nuovo mondo.
Il mezzanino mostra un preziosissimo pannello risalente al XVI secolo opera del famoso maestro Zen Tanyu Kano; qui un drago dona l’energia cosmica all’essere umano. Accanto, un lungo dipinto blu di Giovanni Anselmo, Il panorama intorno fin verso oltremare (1931), sembra collegare il potere della pietra posta sotto con il cielo, suggerendo una profonda connessione con il cosmo. Ciò viene amplificato dal grande dipinto di fuoco di Otto Piene, Rauchbild, dal 1961, posto sulla parte di fronte a quello di Anselmo. Qui in esposizione anche un’opera di Giani Colombo, Spazio curvo (1990) che aggiunge dinamismo allo spazio e crea un controbilanciamento con il movimento del dragone del pannello.
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Il Piano Fortuny. Il piano Fortuny rende omaggio a questo fantastico palazzo ed all’eredità della figura storica di Mariano Fortuny. Le opere di arte contemporanea in esposizione in questa sala sembrano un’estensione della collezione Fortuny, riflettendo i gusti avanguardisti ed avventurosi della sua figura storica e portando avanti la sua eredità.
Entrando nella sala il visitatore viene accolto dalla figura bronzea dell’Homme qui marche (1964) di Auguste Rodin. Rodin ha ridotto la scultura alla pura essenza presentando un corpo senza testa e senza braccia, conferendogli un’impressione sia di potenza che di movimento. L’incompleto soggetto dell’opera fece scandalo all’epoca, ma per Rodin questa essenza spoglia rappresentava la via verso la perfezione. Nella stessa sala The Immaculate Conception di Pieter Claeissins presenta un’audace rappresentazione della Madonna e del giardino segreto – spazi magnifici, rigogliosi e misteriosi, oscuri e pieni di luce allo stesso tempo. Questo artista del XVI secolo è di Bruges e vuole ricordare al lettore che gli esseri umani si trovano in una posizione a metà tra l’umano ed il divino; non sono i padroni dell’universo, ma devono solo cercare di conoscerlo.
Una delle opere più importanti della sala è Crystal Landscape of Inner Body (2000) di Chen Zhen; lo spirito essenziale di questa opera è rappresentato dalla nozione di “transesperienza”. Attraversando costantemente i confini, l’artista ha operato in uno spazio tra pensiero Orientale e pensiero Occidentale. Punto fondamentale per l’opera di Chen Zhen è anche la ricerca della differenza nell’approccio alla medicina occidentale ed orientale; ciò emerge in molte opere che trattano la cura del corpo umano, dove il corpo viene visto come un paesaggio interiore, come un organismo che lavora se tutti i suoi vari elementi cooperano armoniosamente.
La sala enfatizza il fatto che Mariano Fortuny, nato in Spagna e vissuto a Parigi, decise di stabilirsi definitivamente a Venezia, la città che forse è la più TRA di tutte poiché è un porto, un collegamento tra Oriente ed Occidente. Fortuny fu un viaggiatore, sempre interessato alle altre culture ed alla collezione di oggetti di varia provenienza. La grande vetrina rende omaggio proprio ai viaggi con il video Touch di Janine Antoni (2002) in cui l’artista tenta di identificare un equilibrio all’orizzonte: ciò accade anche nel libro Walking and Sleeping di Richard Long (2007) in cui l’autore è alla costante ricerca di pietre durante i suoi viaggi. Sulla parte opposta, si trovano molte opere d’arte che indicano che la via verso la scoperta e la conoscenza è infinita. Un paesaggio di Henri-Joseph Harpignies, Glen, Souvenir of the Roman Campagna (1863) mostra un percorso infinito lungo il viaggio del divenire. Il dipinto fu originariamente esposto nel 1863 al famoso Salon des Refusés di Parigi e marca un’importante “soglia del divenire” quando il suggestivo stile impressionista di Harpignies fu rifiutato dagli accademici classici, per poi trovare spazio più tardi tra gli artisti emergenti d’avanguardia. E’ affiancato da un dipinto contemporaneo, Interstice II (2010) di Jean-Marie Bytebier che indaga i limiti della pittura e che è sempre alla ricerca di uno spazio “di mezzo”. Le opere di Luc Tuymans Reuntgen (2000) e In Between (2002) di Michel Moffe hanno lo stesso scopo ma adottano una rappresentazione astratta.
Sulla sinistra si trova una selezione di dipinti di Mariano Fortuny che rappresentano una serie di passaggi e di persone trasformate, compresa una selezione della sua serie Wagner. Accanto a questi due grandi dipinti a pigmento denominati Untitled (2003) di Adam Fuss rappresentano bozzoli di farfalle molto dettagliati – un segno permanente del momento precedente la nascita di una nuova forma di vita e di una nuova metamorfosi.
A volte la via verso la scoperta si riflette in una storia raccontata al contrario, proprio come nelle fotografie The Path of a Mask (2003-2004) di Domi Mora dell’interno delle maschere africane. È un’opportunità di vedere ciò che non si vede, come una porta aperta ma che una volte era nascosta. Vengono esposte accanto ad un armadietto capovolto intitolato da Axel Vervoordt Artempo-Interiorum poiché, invece di mostrare la parte frontale, mostra l’interno corroso dal tempo.
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Stanze laterali. James Turrell, Red Shift, 1995, re-installed in 2007 for Artempo and in situ ever since è la prima di una serie di quattro stanze laterali. James Turrell obbliga i visitatori a riconsiderare la loro innata comprensione dello spazio. Red Shift crea un campo visivo chiamato “ganzfeld” – un fenomeno visivo in cui la profondità, la superficie, il colore e la luce vengono percepiti come una cosa unica ed omogenea. Questa scultura di luce sembra incorniciare il vuoto e presenta un’infinita Soglia del Divenire.
La stanza nera. Questo spazio sacro è dedicato all’acclamato artista giapponese Hiroshi Sugimoto, l’installazione del quale comprende 7 fotografie. Lightning Fields (2009) viene esposta per la prima volta. Il fulmine sembra squarciare il vuoto totale, facendosi strada, cercando la sua via. Nella stessa stanza si trova un dipinto bianco e nero, Tajima (1989) di Kazuo Shiraga. Nato da una nobile famiglia giapponese, l’artista buddista Shiraga ha meditato sulle tele vuote fino a divenire un tutt’uno con il vuoto totale. La pittura è una forma di rottura attraverso questa profonda meditazione, sprigionando così la sua coscienza. Shiraga crea un nuovo mondo cosmico con pittura e materiali, un mondo totalmente libero da se stesso.
La stanza arcobaleno. L’arcobaleno è un ponte tra mondi, un passaggio ed un simbolo di speranza e di guarigione dopo la tempesta. Entrando in questa stanza, al visitatore viene offerto un momento privilegiato, ideale per lo scambio in cui riecheggia l’epoca medievale giapponese durante la quale le persone organizzavano un mercato ai piedi dell’arcobaleno proprio per contattare il divino. Qui l’artista italiano Lara Favaretto ha creato, appositamente per TRA, un arcobaleno con un’installazione che abbraccia tutta la stanza. La stanza include anche Rainbow di Gerhard Richter ed un paio di dipinti di Jef Verheyen intitolati “Light Stream (1970). L’esplorazione del colore all’interno delle opere d’arte sempre rappresentare un arcobaleno tra il Cielo e la Terra.
La stanza di Fortuny padre e figlio. L’ultima stanza laterale, la stanza del padre di Mariano Fortuny, il pittore Mariano Fortuny y Madrazo, è dedicata all’esplorazione delle relazioni tra padri e figli, madri e figlie. L’artista giapponese Raku XV Kichizaemon dimostra la forza di portare sulle spalle il fardello della storia della propria famiglia in tre opere d’arte (2008 e 2009). Raku proviene da una successione di quindici generazioni di ceramisti della famiglia Raku. Ogni generazione rappresenta una soglia che guarda ai segreti della creazione della ceramica con un senso di dovere senza tempo ed una profonda libertà artistica. Raku è uno strumento di questa arte e della storia, un ponte nel tempo. Attraverso queste opere e attraverso le sue parole, egli dimostra il rispetto per la tradizione ed un bisogno artistico di libertà.
Questa stanza rende omaggio alla famiglia di artisti Echaurren-Matta con un collage di Gordon Matta Clark della famosa installazione Office Baroque realizzata ad Anversa nel 1977, nella quale l’artista ha esplorato la tensione tra architettura e scultura. L’opera è affiancata dalla Manimula (1992) di maiolica dipinta del fratellastro Pablo Echaurren e da un dipinto del padre Sebastián Matta Untitled (1959).
Qui in esposizione si trova una serie di diciotto fotografie realizzate da Alex Van Gelder delle mani del “maestro” che più lo hanno ispirato: sono le mani di Louise Bourgeois. In Armed Forces (2010) Van Gelder mostra la trasformazione della pelle e della carne in arte come espressione dello stato tra la vita e la morte, l’iperreale Soglia del Divenire.
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L’Atelier di Mariano Fortuny. Grazie al supporto della Vervoordt Foundation, il laboratorio originale di Mariano Fortuny viene aperto al pubblico per la prima volta. Questo spazio elaborato presenta una serie di modelli in scala mai esposti prima da Fortuny, compresi due modellini recentemente restaurati. La proiezione del video Staging Silence (2009) di Hans Op de Beeck fa parte dell’esposizione ed illustra scenari astratti ed archetipici basati su memorie di luoghi, con riferimento alle scenografie di arredamenti nascosti dove, in assenza di persone, lo spettatore può proiettarsi diventando così l’unico protagonista. Questo luogo simile ad set di un teatro mostra anche una fotografia dal ciclo Cremaster V (1967) di Matthew Barney. Nell’universo metaforico di Barney il punto concettuale è il muscolo cremastere dell’anatomia maschile, la funzione primaria del quale è alzare e abbassare l’apparato riproduttore maschile in risposta alla temperatura. Il ciclo torna subito a quei momenti durante la pubertà che rappresentano una condizione di puro potenziale.
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Secondo piano.
Aprire molte porte. Le pareti del secondo piano del Palazzo sono esse stesse dei dipinti, opere d’arte realizzate in più di 600 anni. Con il restauro della facciata del Palazzo, sono riapparse sette finestre tardo-gotiche, rimaste chiuse dal XVIII secolo. Grazie alla straordinaria luce che ora pervade la sala, lo spazio è stato dedicato solamente ad una serie di sculture e all’arte tridimensionale per creare un dialogo con questo spazio affascinante attraverso la relazione con la luce, proprio come nell’opera di Heinz Mack Grosse Licht. Silber Vibration (1961).
Su questo piano, per la prima volta, sono state aperte molte porte già esistenti per collegare il tutto ai temi di TRA. La prima, all’ingresso del piano, è Finestra con ombra (1968) di Giuseppe Uncini. Un’opera simile è Untitled, una vecchia realizzazione (1969) di Jannis Kounellis reinstallata a Palazzo Fortuny appositamente per questa esposizione. Altre opere appositamente commissionate per TRA comprendono Porta Luminosa (2011) di Massimo Bartolini che presenta una porta con un’aura verde; e Aleph (2011) lo specchio magico di Maurizio Donzelli; Portrait of Light Picture of Space (1993) di Anish Kapoor si trova qui, proprio come una porta che incornicia il vuoto, o come una finestra che da sul vuoto; il voyeuristico Painting with Door No. 2 (2010) di Ilya Kabakov obbliga il visitatore a chiedersi cosa c’è dietro quella porta chiusa.
Per la prima volta, tre piccole stanze vengono aperte al pubblico, con un’installazione di Anthony Gormley, Feeling Material XII (2004) – un filo continuo che si espande e sembra voler allontanare la parete; un video Wall Piece (1951) di Gary Hill che ritrae un uomo che tenta disperatamente di scavalcare delle pareti; e nell’ultima stanza Slow Arc inside a cube II (2008-2011) di Conrad Shawcross che cattura il visitatore in una prigione rotante, trasformandolo.
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L’Attico. Le opere esposte al terzo piano riguardano l’atto del ferire e la guarigione. Il visitatore incontra Schwebend Schweben (1995) di Günther Uecker; un’opera fluttuante legata con corde e appesantita da pietre, diventa una rappresentazione della forza di gravità, con oggetti sospesi a mezz’aria. All’interno dell’installazione gli oggetti sono avvolti, come incartati, e sospesi nello spazio “di mezzo”. Originariamente creata per commemorare il terremoto di Kobe del 1995, Uecker offre questa installazione a TRA per ricordare la devastazione e la perdita del terremoto in Giappone di quest’anno, e il conseguente tsunami e la catastrofe nucleare di Fukushima.
Sulla parete opposta si trova un lungo rotolo che anche Sadaharu Horio ha creato a seguito del terremoto di Kobe nel 1995. Horio, un artista residente a Kobe, creò quest’opera d’arte a seguito del precedente disastro e ne è stato rinnovato il significato proprio in quest’occasione. Queste due opere, l’una accanto all’altra, rappresentano la fratellanza tra l’artista europeo e quello giapponese.
Accanto alla finestra Gorgo 22 (2010), un’opera di Peter Buggenhout realizzata con sangue, spazzatura, capelli e un mix di media, mostra una “realtà insopportabile”. Questo titolo si riferisce alla mitologica figura greca di Gorgo o Medusa, un mostro femminile talmente orrendo in grado di impietrire chiunque la fissasse negli occhi. L’opera è posta all’interno di un’enorme cornice, come una porta che conduce il visitatore “dall’altra parte”.
8 Bottari: the Island (2011), dell’artista coreana Kimsooja, rappresenta un elemento costante nell’intera collezione di Palazzo Fortuny. Grande viaggiatrice, è un artista che compie un pellegrinaggio di scoperta e di apertura con tutte le persone che incontra. In questa istanza, Kimsooja è una lavandaia girovaga che raccoglie abiti dismessi ed oggetti di persone anonime. Incarta o impacchetta gli oggetti dimenticati con ricchi tessuti di colori sgargianti così che questi diventino tesori intimi e preziosi. Questi Bottari sono stati realizzati espressamente per TRA usando abiti di seconda mano provenienti dalle regioni devastate del Giappone, alla ricerca di qualcosa di positivo proveniente da qualcosa di negativo.
L’acqua, che rappresenta sia il viaggio che la guarigione, è molto presente all’interno di tutta l’esposizione ed è un elemento cruciale per la comprensione di TRA. Elemento importante per il viaggio, per la salute, per il battesimo e la purificazione, l’acqua è un modo per pulire e curare e per fare crescere le cose. Opera realizzata esclusivamente per questa esposizione, Attic Garden (2010) del giovane artista giapponese Osamu Kokufu, mostra un modello di erba che cresce giorno dopo giorno grazie al costante cadere di gocce d’acqua. Accanto, il video di Marina Abramovic, Stromboli (2002), la vede distesa sulla spiaggia di Stromboli, la stessa isola che sarà più tardi distrutta dallo tsunami e dall’eruzione vulcanica. Quando l’acqua corrode e crepa la superficie terrestre, nuovi mondi potrebbero nascere o altri mondi potrebbero essere distrutti. Al di là della superficie dell’acqua c’è un altro mondo – un mondo di pericolo, di meraviglia, gli abissi delle infinite possibilità.
Al centro dell’attico si trova il padiglione wabi che Axel Vervoordt disegnò assieme a Tatsuro “Taro” Miki per In-finitum. Questo labirinto, un collegamento con Venezia ed i suoi canali storici, è stato creato con materiali riciclati trovati in città, comprese bricole recuperate ovvero vecchie colonne di legno usate nei canali. Mentre tutte le opere attorno al wabi riguardano il dolore e la guarigione, le opere esposte all’interno impiegano del materiale minimo per esprimere la massima forza spirituale; un duro contrasto tra il pieno ed il vuoto – il TRA nel mezzo. Questo spazio offre un viaggio privato all’interno di un viaggio più importante lungo tutta l’esposizione. E’ un luogo dedicato alla pace interiore ed al silenzio che hanno il potere di ispirare la creatività ed il trasporto dei sentimenti di riflessione e di cambiamento. Qui si trova un impressionante dipinto giallo, TRA (2010) di Gotthard Graubner che sembra apparire come un sole, offrendo speranza e conforto. Nella stanza seguente dello stesso padiglione, troviamo Chronome (prima del 1965) di Roman Opalka, uno degli ultimi dipinti prima dell’inizio della pittura dedicata alle serie numeriche. L’opera viene confrontata con un’iscrizione di Re Ashurnasirpal II di Assiria (878- 859 B.C.) ed un Kissen (1965) con chiodi di Gunther Uecker. Nel seguente to-ko-na-ma – spazio simbolico nell’architettura giapponese – troviamo Untitled (1960), una umilissima e silenziosa Washi o carta tradizionale giapponese di Fujiko Shiraga. Quest’opera, creata solamente con minimi ritocchi, ha portato il principio Gutai dello “spirito umano che stringe la mano alla materia” al suo limite. Con il passare del tempo la carta si è deteriorata distruggendosi e lasciando solo pochi pezzi; la materia agisce proprio come un partner con una vita. Accanto a quest’opera troviamo un’altra scultura Dvaravati di un Buddha, come fosse un testimone silenzioso a completare l’unica serie esistente di tali sculture in tutto il mondo.
Viviamo sulla Soglia del Divenire, alla ricerca di questi momenti TRA, evolvendoci costantemente e spostandoci da un istante all’altro. TRA è un invito all’esperienza. Per dirla con le parole di Günther Uecker, “Il momento più giovane delle nostre vite è ora”. Andate… continuate il vostro viaggio.
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Luogo: Palazzo Fortuny, San Marco 3780 – San Beneto, Venezia
Apertura al pubblico: 4 giugno – 27 novembre 2011
Orari di apertura: Tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00 (biglietteria 10.00 – 17.00) (chiuso il martedì)
Ingresso:
Intero: 9,00 euro
Ridotto: 6,00 euro (residenti e nati nel comune di Venezia; cittadini con età inferiore a 25 anni e superiore di 65; membri I.C.O.M.; possessori del biglietto per i Musei di Piazza San Marco; possessori del biglietto Museum Pass rilasciato presso i Musei Civici di Venezia>)
Ingresso gratuito: bambini di età inferiore a 5 anni; persone disabili con accompagnatore; guide autorizzate; interpreti turistici che accompagnano gruppi*; 1 biglietto gratuito ogni 15 biglietti previa prenotazione.
INFORMAZIONI
– www.tra-expo.com | info@fmcvenezia.it | call center 848082000 (dall’Italia); +3904142730892 (dall’estero)
PRENOTAZIONI
– Telefoniche al call center 848082000 (dall’Italia); +3904142730892 (dall’estero)
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