Non sono molti i musei pubblici italiani a poter contare su opere di grandi
interpreti del ‘900 internazionale. Soprattutto se ci si riferisce ad un livello qualitativo e storico davvero assoluto.
Cà Pesaro - Galleria Internazionale d’Arte Moderna, gioiello della
Fondazione Musei Civici Veneziani, può invece contare su tali e tanti capolavori da poter organizzare, senza la necessità di ricorrere ad alcun
prestito esterno, una mostra dello spessore quale è: “Kandinsky e le
avanguardie. Punto, linea e superfice”, che si potrà ammirare dal 30 settembre al 21 febbraio al Centro Culturale Candiani di Mestre.
In mostra una raffinata selezione di capolavori del Novecento
internazionale e italiano, pervenuti all’istituzione veneziana per volontà di grandi collezionisti – da Paul Prast a Giuseppe e Giovanna Panza di Biumo -
o attraverso acquisizioni da artisti-collezionisti come Emanuel Föhn o
derivati da lasciti, come quelli di Lidia de Lisi Usigli, oppure acquisiti dal Comune di Venezia in occasioni di Biennali o ancora destinati a Cà Pesaro
dal Ministero della Cultura, da altre istituzioni o da aziende come Esso Standard Italia.
«Il valore aggiunto dell’iniziativa- commenta il Sindaco di Venezia Luigi
Brugnaro - risiede non sono solo nei numerosi capolavori che costellano le sale espositive del Centro Culturale Candiani ma anche nel fatto che
questa mostra è tutta concepita e realizzata con opere delle raccolte di
Ca’ Pesaro. È questa un’ulteriore testimonianza della vitalità delle collezioni nel nostro tempo presente e anche una conferma della qualità
delle acquisizioni fatte dal Comune di Venezia nei decenni passati».
«Al Candiani – anticipa Elisabetta Barisoni, che di Cà Pesaro è la
Responsabile- presentiamo un nucleo di ben nove opere di Kandinsky, tra le quali “Zig zag bianchi” del 1922, acquisito alla Biennale del 1950,
e “Tre triangoli” del 1938, lascito di Lidia de Lisi Usigli, insieme ad
un’emozionante sequenza di “Piccoli mondi” del 1922, donazione di Paul Prast.
Si tratta di una raccolta di opere grafiche che il maestro russo realizza nel
1922, quando insegna presso l’importante officina creativa rappresentata dalla scuola del Bauhaus.
Le tecniche sono diverse, ciascuna scelta da Kandinsky per il suo carattere
unico: la litografia combina segni e colori per produrre un’immagine che si avvicina il più possibile a un dipinto, la xilografia è invece caratterizzata
dall’interazione di primo piano e sfondo, mentre la puntasecca permette
precisione di segno e studio delle linee. I “piccoli mondi” diventano per Kandinsky microcosmi autonomi, quasi delle piccole galassie in dialogo le
une con le altre». In abbinata con Kandinsky, Paul Klee, anch’egli
rappresentato da un nucleo di sette opere.
Si va da “Idillio di villaggio” a “Mangia dalla mano”, rispettivamente del
1913 e del 1920, a “Con il serpente”, straordinaria opera del 1924, al “Paesaggio con rocce ed abeti” del 1929 e “Tre soggetti polifonici” del
1932. Completa la sezione un lavoro su carta di Lyonel Feininger, “Il molo
sul Rega” del 1927. Si tratta di opere uniche nel panorama museale italiano, che testimoniano la ricchezza e la varietà delle collezioni civiche veneziane.
Attraverso i capolavori esposti si esprime pienamente la grande rivoluzione
del gruppo artistico Der Blaue Reiter, Il Cavaliere Azzurro, che oltre a Kandinsky ha avuto Klee e lo stesso Feininger tra i protagonisti.
Questi autori passano poi nella scuola del Bauhaus, luogo dove si
sviluppano le ricerche delle avanguardie e dove queste sono tradotte alle nuove generazioni che si stavano formando in Europa tra gli anni Venti e il
1933, data di chiusura della scuola tedesca ad opera del potere nazista.
La successiva, non meno spettacolare, sezione su “Le avanguardie tra
astrazione e Surrealismo” allinea opere di Enrico Prampolini, Luigi Veronesi, Joan Miró, Antoni Tàpies, Yves Tanguy, Victor Brauner e Jean
Arp. Ancora una volta Kandinsky è in relazione con numerose correnti artistiche
non figurative che nascono durante gli anni Venti, nel momento in cui
Parigi è crocevia di gruppi che ripensano la creazione a partire dall’astrazione. Tra gli italiani è presente il futurista Enrico Prampolini, che
alle forme geometriche affianca nuovi motivi, organismi embrionali e
cromie che ricreano liriche assonanze musicali. Prampolini, di cui Ca’ Pesaro conserva un dipinto della serie di “Analogie
cosmiche” (1931), rappresenta anche il legame più significativo tra la linea
dell’arte astratta e l’arte non figurativa informale del secondo dopoguerra. Anche Luigi Veronesi è a Parigi nello stesso periodo e nel 1934 aderisce ad
Asbtraction-Création, gruppo di cui faranno parte, oltre a Prampolini,
Ben Nicholson e Jean Arp, rappresentati in mostra con due opere eccezionali che costituiscono, ancora una volta, presenze uniche nel
panorama dei Musei italiani.
“Astrazione del secondo dopoguerra” è il tema della terza sezione della
mostra, che apre con Nicholson e si sviluppa poi ad abbracciare movimenti artistici lontani nel tempo e nello spazio, con uno sguardo trasversale e
parallelo nel secondo dopoguerra. Le forme espressive dell’Informale e
dell’Espressionismo astratto intendono l’atto artistico come azione individuale, singolare, diretta, che superi qualunque mediazione,
codificazione preventiva, formalizzazione del linguaggio.
Il punto di partenza è vicino alle riflessioni del Maestro russo e l’arte viene vissuta come un processo esistenziale oltre che creativo, come
espressione più libera possibile di passioni, tensioni, sensazioni,
trasformate in segno, gesto, colore, materia. Da Afro e Santomaso a Emilio Vedova, da Mario Deluigi a Tancredi, da
Karel Appel a Mark Tobey, le forme dell’astrazione nella seconda parte del
‘900 si collocano tra informale, suggestione lirica e carica gestuale. Non manca uno sguardo alla scultura, tecnica espressiva di cui Ca’ Pesaro
conserva esempi importantissimi, e qui troviamo ancora il dialogo tra
astrazione e biomorfismo: negli archetipi, vicini a Paul Klee, di Mirko Basaldella, nelle concrezioni plastiche, tra pieni e vuoti, del maestro
spagnolo Eduardo Chillida e, in ambito spazialista, nella lezione di Arp
ripresa dalle costruzioni di Bruno De Toffoli o nelle intime e sofferte “Luci nel bosco” di Luciano Minguzzi.
La linea dell’astrazione rimane e diventa radicale, quasi ascetica, nelle
epoche successive, quando prendono vita i movimenti dalle concezioni minimali, ben espresse nel lavoro di Richard Nonas e di Julia Mangold.
Queste prove plastiche, pur lontane nel tempo e nello spazio, instaurano un
dialogo vivace con i capolavori delle avanguardie di inizio secolo e testimoniano la vitalità della lezione di Kandinsky e il suo credo nel potere
della produzione artistica, come scriveva nel 1926 nel volume “Punto, linea,
superficie”: «L’arte supera i limiti in cui la sua epoca vorrebbe costringerla e annuncia il contenuto del futuro».
«Kandinsky e le avanguardie - commenta Mariacristina Gribaudi,
Presidente della Fondazione Musei Civici di Venezia - conferma la nostra volontà di dare il via ad una nuova fase della collaborazione con il
Centro Culturale Candiani, forti delle importanti iniziative che ci hanno visti
protagonisti a Mestre fin dal 2016. Si tratta inoltre di una grandissima opportunità di vedere con occhi nuovi
un nucleo importante delle raccolte di Ca’ Pesaro e mi auguro che queste
iniziative, concretizzate in un’azione diffusa sul territorio, possano dare buoni frutti per la crescita delle nostre comunità e per il ritorno dei
visitatori nazionali e internazionali nel nostro Paese».
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