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La Fondazione Musei Civici di Venezia aderisce alla campagna nazionale e diffusa #IoRestoaCasa. Se non potete venire nei musei, sono i musei a venire da voi. Ogni due giorni con una newsletter potete ricevere una storia, un'opera, un gioco, non per consolazione ma perché l'arte è vita e la vita è, anche, arte.
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Il conte Ninni e l'artigiano Marella
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Il conte Alessandro Pericle Ninni, nato a Venezia nel 1837, insigne naturalista, la laguna la conosceva bene, persone comprese. Quando nel marzo del 1880 il Ministro d'Agricoltura del Regno d'Italia gli chiede di costruire la rappresentazione del lavoro dei pescherecci nella laguna veneziana per l'Esposizione Internazionale della Pesca a Berlino, il
conte Ninni sa già dove andare: a Chioggia, da Angelo Marella, modellista dilettante e acuto osservatore e annotatore di usi e costumi della pesca lagunare.
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L'appuntamento con Berlino è imminente, Ninni e Marella in meno di un mese mettono insieme oltre 60 modelli di imbarcazioni e attrezzi per la pesca, il trasporto, lo stoccaggio, la lavorazione e la distribuzione del pescato, che li accompagna seccato o conservato in vetro. L'anno dopo è la volta dell'Esposizione Industriale di Milano. Nasce così
la collezione Ninni-Marella, preziosa raccolta che continua a crescere fino a circa il 1890, quando viene donata al Civico Museo e Raccolta Correr e diventa parte del nucleo fondante di quello che nel 1923 diventa il Museo di Storia Naturale di Venezia
➽ oggi intitolato a Giancarlo Ligabue.
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La laguna nei secoli non è mai rimasta uguale a se stessa, per cause naturali e più spesso umane che hanno determinato modifiche ambientali e biologiche. Nella seconda metà dell'Ottocento, quando Angelo Marella costruisce i suoi modelli di barche, reti, remi, scalmi, attrezzi vari, con una raccolta di oltre mille acquerelli di vele al terzo, una
per famiglia di pescatori, le bocche di Malamocco e Lido sono armate con imponenti dighe foranee, che restringendo la bocca aumentano la corrente che scava il canale, per aumentare l'accesso alle navi più grandi, a vapore. Da allora sono drasticamente diminuite velme e barene, è aumentata la profondità dei fondali, il maggiore scambio col mare ha
portato più salinità, mettere la pietra in acqua ha favorito la fauna dei fondali rocciosi. I pescatori dell'Ottocento navigavano in acque diverse. Ma i veneziani non hanno plasmato solo la laguna, hanno nominato e modellato ogni barca e ogni pezzo della barca con una bellezza funzionale che può appartenere solo a questo mondo, di cui la scientifica
Collezione di Modelli di Imbarcazioni ed Attrezzi da Pesca del conte Alessandro Pericle Ninni con i suoi 184 modelli è un'incredibilmente dettagliata testimonianza ➽
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La barca lagunare ha il fondo piatto, se va a vela scarroccia, quindi le reti dello strascico in laguna non sono trascinate dalla poppa, ma di traverso. Si pesca anche con le mani, sotto due palmi d'acqua quando la marea s'abbassa, a brazzo
. A primavera l'acqua della laguna si scalda più del mare e i pesci entrano, in autunno succede il contrario, si pesca intercettando. Le valli da pesca si usano dal Mille, nell'Ottocento sono un'efficiente forma di allevamento, con i novellanti che vanno a prendere il pesce da semina per riempirle. I molecanti
esistono dal Settecento, di granchi se ne tirano su migliaia di tonnellate, si usano anche come fertilizzante per i carciofi di Sant'Erasmo. Il pesce pescato si porta a casa vivo, con la barca che trascina la maróta. In laguna si va a remi.
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La collezione Ninni-Marella è stata esposta da giugno dello scorso anno nel Centro Culturale Candiani a Mestre
➽ con disegni, descrizioni dettagliate delle tecniche di pesca, del pescato e della fauna, dell'ecosistema lagunare, della storia della laguna di Venezia.
Radio Ca' Foscari ha confezionato sulla mostra un ottimo audiodoc, con la presentazione dei curatori e il racconto di Luigi Divari che fa viaggiare nel tempo: la pesca in laguna è arte di lunga tradizione che si tramanda di generazione in generazione. Dura mezzora, vale la pena, si ascolta qui
➽
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Dedalo sta preparando le ali di cera per Icaro, per fuggire da Creta. Secondo il mito il giovane Icaro si avvicinerà poi troppo al sole, sciogliendo le ali e precipitando in mare. Antonio Canova li ha scolpiti fra il 1777 e il 1779, la scultura è esposta nel Museo Correr
➽ che ce lo ricorda con un post nel suo profilo Facebook
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Qui la laguna è vista dalle logge di Palazzo Ducale ➽
a metà Ottocento, dallo scenografo veneziano Giuseppe Bertoja. Il disegno è conservato dal Gabinetto Stampe e Disegni della Fondazione Musei Civici, è proposto con altri nel profilo Facebook di Palazzo Ducale ➽
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