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La Fondazione Musei Civici di Venezia aderisce alla campagna nazionale e diffusa #IoRestoaCasa. Se non potete venire nei musei, sono i musei a venire da voi. Ogni due giorni con una newsletter potete ricevere una storia, un'opera, un gioco, non per consolazione ma perché l'arte è vita e la vita è, anche, arte.
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Se c'è una storia che lega le donne alle arti veneziane, è quella del merletto. Le donne che per secoli l'hanno creato manovrando aghi e fuselli e quelle che ne hanno saputo fare una risorsa per le donne e per le isole della laguna. Donne di pescatori che in casa o in riva hanno creato pizzi e merletti indossati da patrizi e regnanti, inventato punti
diventati famosi e invidiati nel mondo, generato un'economia fondamentale per le aree più deboli della laguna, Pellestrina, Burano, e per le più deboli genti.
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Una dogaressa, Morosina Morosini, moglie del doge Marino Grimani, fece aprire negli ultimi anni del Cinquecento un laboratorio di merletto a Venezia, dove si concentrarono 130 merlettaie. Oltre a queste c'erano le tante lavoranti in proprio di questa arte, ed economia, domestica e familiare, in cui eccellevano anche dame dell'aristocrazia, e le bambine
e fanciulle che crescevano negli istituti di carità, alle quali si forniva così uno strumento di sussistenza. Il merletto è sempre più richiesto nell'abbigliamento, nell'arredo e nel corredo, Burano è eccellenza. Già dal Cinquecento si sviluppa anche un settore editoriale, non poteva mancare nella Venezia che eccelleva nella stampa come nelle altre arti, di Modellari,
libri per merlettaie. Forme geometriche o fiorite, arabeschi, rosoni in forma di trine e pizzi, veli leggeri come nubi tessuti con punti fatti d'aria, per secoli decorano con estrema grazia gole e polsi femminili e maschili, culle degli infanti, volti delle spose, dimore dei patrizi.
Il merletto ad ago, con i suoi punto Burano e punto Venezia,
eccelle nell'Europa del Seicento e del Settecento, dove viaggia seguendo le vie delle corti e del commercio delle arti veneziane, e piace soprattutto in Francia, dove complice anche l'arruolamento di alcune decine di merlettaie buranelle decollerà un'industria del pizzo capace di mettere in crisi la stessa Venezia. A questo si aggiungernno una sempre
maggiore meccanizzazione della produzione di tessuti lavorati e la virata di fine Settecento verso stili e costumi più sobri: il merletto di Venezia attraversa l'Ottocento con molta stanchezza.
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La regina Margherita di Savoia arriva alla fine del secolo con un'alleanza con la nobildonna Andriana Marcello, sua dama di compagnia, che a Burano in un tentativo di rilancio di economia almeno di sussistenza aveva fondato nel 1872 una
Scuola del merletto che riprendeva le antiche tecniche in cerca di nuovi mercati. Margherita di Savoia ➽ patrocina l'iniziativa ed è come si direbbe oggi una attiva influencer
del merletto. Nell'ultimo decennio dell'800 solo nella scuola che è anche stabilimento ci sono trecento lavoranti, ma già con l'inizio del Novecento la produzione ricomincia a declinare. La scuola chiude nel 1970, la sua vita è stata lunga un secolo, nel 1981 la sua sede diventa il Museo del Merletto di Burano
➽ che cura anche il patrimonio della Scuola della Fondazione Andriana Marcello.
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E per concludere ancora tra le trine, una segnalazione doverosa va alla settima edizione del Concorso nazionale Un Merletto per Venezia 2020 dato che le iscrizioni sono aperte fino al 20 settembre
➽ Gara aperta ad ago o a fusello, con tecniche antiche o moderne e soggetti classici o inediti, per forme e oggetti di diversi tipi, con un unico tema, che per quest'anno è il cambiamento climatico, in ogni sua possibile declinazione e secondo la personale scelta espressiva. Ogni anno c'è una sorprendente partecipazione da diverse parti d'italia di
persone di ogni provenienza, donne e uomini accomunati dalla singolare ma universale passione per il merletto.
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